giovedì 20 novembre 2014

Cronaca appassionata di una resistenza possibile

È lunedì mattina. Il cielo è grigio, le strade sono battute da una pioggia incessante.

L’annunciata settimana di sgomberi sta per cominciare. In molti quartieri di case popolari di Milano gli abitanti, occupanti e non solo, si sono organizzati per fare colazione insieme, per non restare soli, per superare la paura di perdere la casa, per essere pronti a reagire nel caso di arrivo della polizia. Ore 9.00 - Camionette in via Vespri Siciliani, quartiere Giambellino. Stanno sgomberando una famiglia con tre bambini. Alcuni solidali arrivano sul posto e trovano molti abitanti del palazzo scesi per strada davanti ad un cordone di carabinieri che chiude l’accesso al palazzo. Dietro gli scudi e i manganelli a difesa delle operazioni di sgombero si intravede il solerte lavorio degli operai, che trasportano attrezzi e lamiere per chiudere la casa supportati da una gru per lo sgombero dei mobili. Partono delle grida: “fate un lavoro da infami, siete peggio della polizia!”, “tornatevene a casa, lasciate quella donna con tre bambini”. La celere inizia a innervosirsi, capisce di non essere gradita così come gli operai che si aggirano silenziosi e a testa bassa nel cortile.
Un abitante fa per entrare nel cortile di casa sua cercando di spostare stizzito uno scudo di un carabiniere. Come un movimento meccanico il braccio nero carica il colpo e staglia una manganellata secca sulla fronte dell’uomo, che cade a terra senza fiatare, a braccia aperte con un rivolo di sangue sulla fronte. La rabbia esplode, i carabinieri reagiscono con manganellate, indietreggiano fino a riparasi dietro il cancello. Calcinacci, copertoni, estintori e perfino una bicicletta, tutto ciò che è accumulato in strada serve ad allontanarli. Per una volta un buon uso del tanto temuto “degrado” dei quartieri popolari. Le strade e i marciapiedi non funzionano più come dovrebbero.
Senza le guardie la circolazione è interrotta, il bus 95 viene fermato, i passeggeri vengono fatti scendere e informati su quello che succede, un cantiere viene sovvertito e usato per costruire barricate, un cumulo di macerie viene rovesciato a terra da una camion da parte di un operaio che giustamente consiglia: “Queste vi potrebbero servire!”. Ecco come in un attimo l’arredo urbano cambia d’uso, le vie, gli incroci, i marciapiedi non sono più utili alla circolazione ma vengono stravolti. La polizia giunge a soccorrere i carabinieri rimasti a presidiare il cortile. Sparano lacrimogeni alle gambe dei manifestanti, effettuano delle cariche che disperdono tutti nelle vie limitrofe. La situazione sembra riportata alla “normalità”, la casa è stata sgomberata, una famiglia si trova in mezzo alla strada, i solidali vengono menati, allontanati e dispersi. Tre persone vengono fermate durante gli scontri, a due viene confermato l’arresto, ora sono a San Vittore in atteso del processo per direttissima. Ma non è finita, da diversi quartieri della città, Corvetto, San Siro, Ticinese arrivano a sostegno decine di persone per solidarizzare con gli sgomberati.
L’abusivo, questa figura di disperato che sfonda una porta sottraendo una casa a qualcun altro è un’immagine che si sta scolorendo, perdendo inchiostro dalle pagine dei giornali. Sono i comitati di occupanti di case, di abitanti dei quartieri, alcuni esistano da anni altri stanno nascendo in questi giorni, che si incontrano ad ogni sgombero. Stanno costruendo qualcosa di reale e concreto. Un’altra ipotesi prende piede con sempre più potenza: al posto delle lagne e delle richieste al politico di turno nascono l’organizzarsi insieme per prendere la casa, per difendersi, per farsi forza. Così, tutti insieme, si parte per un corteo che attraversa le vie del quartiere Giambellino, bloccando un pezzo di città, facendo sentire a questi palazzi grigi che la periferia sta uscendo dalla marginalità a cui si vorrebbe relegata per riprendere il centro, per riconquistare la scena.
Il corteo si muove rumoroso intonando slogan e canzoni, ferma i passanti e gli automobilisti distribuendo volantini accogliendo una calorosa approvazione. A partecipare non sono solo persone a piedi, vista la pioggia che continua senza sosta, ma anche una macchina di un anziano solidale che segue e chiude la fila dando il suo contributo con un sonoro strombazzare. Vengono percorsi, quasi nella loro interezza, due grandi viali che attraversano Milano (via Giambellino e via Lorenteggio) quasi a suggerire un’intuizione che ribolle nel movimento di questi giorni. Le periferie, edificate per relegare una popolazione di troppo, si stanno organizzando per costruire luoghi migliori, stanno prendendo coraggio. Ma la cosa che fa più paura è sapere il nome di questi viali e la direzione in cui portano, il centro del lusso, la città vetrina, i luoghi proibiti a cui i reclusi non posso ambire. Da corso Lodi, da corso Sempione, da via Lorenteggio, da via Farini la periferie portano al centro, la resistenza porta all’ offensiva.

C’è una voce che circola nei bar, nei cortili delle case popolari, nei parchetti: è possibile prendersi le strade, occupare le case e difendersi dalla polizia.


Tramite Autonomia Diffusa Ovunque

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